Corytophanes cristatus - una brutta esperienza!

 

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Da anni desideravo provare ad allevare un Coritofane. Ne avevo visto un esemplare stupendo, vitale, sano, in un negozio di animali, e ne ero rimasto folgorato. Un articolo apparso sulla rivista aquarium aveva completato l’opera, instillando in me il desiderio di acquistarne uno.

 

Corytophanes cristatus è diffuso in natura in numerose regioni del Sud America, dal Costa Rica al Guatemala. Appartiene alla famiglia Corytophanidae e raggiunge i 35 cm, di cui due terzi spettano alla coda.   E’ un Rettile estremamente tranquillo, che rimane per giorni nella stessa posizione,  legato ad ambienti umidi di foresta tropicale. Nei paesi d’origine è conosciuto con una serie notevole di nomi comuni, come Casque-headed Basilisk, Casque-headed Lizard, Old Man Lizard (Belize), Helmeted Iguana. Tutti fanno riferimento al notevole casco erettile presente sul capo di questi animali.

Questo Rettile si nutre, come i suoi cugini Basilischi, di invertebrati di media taglia. Andrebbe allevato in vasche di almeno 70x50x120 cm, arredate con rami e piante robuste come Scindapsus e Phylodendron. Vista la sua esigenza di avere una vasca piena d’acqua a propria disposizione, questo Rettile è particolarmente adatto all’allevamento in un paludario, o meglio, SAREBBE una specie adatta all’allevamento in paludario….

 

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Ma  torniamo a noi. Nel Maggio del 2003 trovai, sul mercatino di Amici Insoliti (ora mercatino di Sanguefreddo), un annuncio di un signore di Bari che vendeva il suo Coritofane. Non ci potevo credere! Lo contattai immediatamente, e, sapendo che si tratta di Rettili sensibili che reagiscono male agli stress, decisi di acquistare anche il terrario in cui l’animale era stato allevato negli ultimi mesi, per evitargli inutili traumi. Ma l’animale stava bene? Mangiava? Certo, mi fu assicurato, è così docile che mangia i grilli dalla mano!

 

Già una simile risposta avrebbe dovuto insospettirmi…

 

Alla fine, dopo aver ideato un modo poco stressante per il Coritofane per farlo giungere fino a Venezia, mi recai ad un’ora che mi sembrò assai poco cristiana alla stazione degli autobus di Mestre a recuperare il mio Rettile e a portarlo a casa. L’animale appariva sano, vitale, in buone condizioni generali… ma a guardarlo con attenzione sembrava leggermente disidratato. Arredai la sua vasca con un maggior numero di piante vive, misi una bacinella con l’acqua, lo spruzzai delicatamente, inserii una vaschetta con grilli, tarme della farina e camole del miele, e attesi trepidante.

 

Non accadde nulla.

 

Per i successivi 3 giorni, l’animale non si mosse dal proprio posatoio. Se lo si accarezzava alzava la cresta sulla nuca, ma a parte questo non si muoveva, e iniziava a dimagrire visibilmente. Decisi quindi di provare la non piacevole via della nutrizione forzata. L’animale digerì il primo pasto, ma vomitò tutti quelli successivi. Dimagrì ancora, e divenne sempre più apatico. Tentai di stimolare il suo appetito in ogni modo. Lasciai i grilli liberi nel terrario, provai ad offrirgli tipule, mosche, farfalle notturne…nulla. Tentai persino di mettere nella sua teca la coppia di Sceloporus, mangioni all’inverosimile, perché fosse stimolato dal loro esempio. Gli feci fare bagni di sole, provai ogni stratagemma…ma l’animale deperiva come neve al sole.

 

Alla fine, esattamente dopo una settimana dal suo arrivo, lo ritrovai morto sul fondo del terrario.

Ora capivo il perché dell’estrema fretta che il proprietario aveva avuto nel venderlo!! Con molta probabilità non si nutriva più già quando era in suo possesso, e prima di perdere tutto aveva deciso di venderlo. Provai a contattarlo telefonicamente, nelle settimane a seguire, ma non rispose mai alle mie chiamate.

 

In effetti, Corytophanes cristatus non è una specie troppo indicata per l’allevamento in cattività. E’ un animale fortemente stressabile che reagisce male all’importazione dal paese d’origine. Un mio amico negoziante, successivamente a questa brutta avventura, mi disse di averne ordinate alcune, e di averne salvate solo 2 su una cinquantina… Insomma, dierei proprio che non si tratta di una specie per chi si avvicina a questo splendida passione, anzi! Io per primo, che pure ho maturato esperienza con svariate specie di sauri, credo che non sia un animale abbordabile, se di cattura. Dovrebbe restare appannaggio di allevatori molto esperti, in attesa che sia finalmente disponibile uno “zoccolo duro” di esemplari nati in cattività e meno propensi, quindi, a morire come foglie d’albero in autunno. Credo, da un certo punto di vista, che si tratti di rettili di allevamento piuttosto complesso, come certe specie di camaleonti.  Se mai tenterò di nuovo l’esperienza del loro allevamento, di certo sarà tra molti anni, e con la disponibilità di un enorme paludario, che ora non possiedo!

 

 

 

 

 

 

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